L’azienda produttrice dell’acqua Sant’Anna è il primo marchio al mondo a realizzare e commercializzare una bottiglia da 1,5 litri biodegradabile. Ma il mercato è pronto a questa soluzione rivoluzionaria?
Per poter affrontare il problema relativo alla riduzione dei rifiuti di plastica è necessario individuare alternative al suo utilizzo.
Per evitare di avere, in futuro, “più plastica che pesci negli oceani”, il mondo del packaging dovrà diventare più sostenibile e molto meno impattante.
Molte aziende si stanno già preparando ed adeguando a nuove possibili soluzioni per ridurre o eliminare l’utilizzo della plastica.
Tuttavia, in molti casi, gli sforzi delle imprese non sono ripagati da risposte positive da parte del mercato e da un riciclo non adeguato di tali materiali innovativi.
La Bio Bottle di Sant’Anna: una soluzione rivoluzionaria, ma che non decolla
Come si apprende sul sito dell’azienda, la Bio Bottle rappresenta una soluzione innovativa per poter risolvere il problema della plastica, e, allo stesso tempo, per garantire una corretta conservazione delle caratteristiche e delle qualità dell’acqua.
“Sant’Anna Bio Bottle è la prima bottiglia al mondo prodotta con PLA totalmente BIO: un particolare polimero che si ricava dalla fermentazione degli zuccheri contenuti nelle piante, senza neanche una goccia di petrolio o suoi derivati. Il risultato è una Bioplastica Verde rivoluzionaria perché biodegradabile e compostabile. Negli appositi siti di compostaggio industriale, la Bio Bottle torna in soli 80 giorni a far parte della natura, come attesta la conformità alla norma EN13432.”
Le uniche parti della bottiglia realizzata in PE sono il tappo ed il collarino che vanno conferiti nella raccolta differenziata della plastica, mentre il resto della Bio Bottle va gettata nell’organico.
La Bio Bottle garantisce innegabili vantaggi ambientali, come:
“un risparmio di oltre il 50% di energie non rinnovabili,
l’abbattimento del 60% di emissioni di CO2,
l’abbattimento nel processo produttivo di stabilimento del 60% di energia nella fase di produzione delle preforme delle bottiglie (fase di essiccazione del granulo), fino al 30% in fase di fusione e del 70% nel ciclo di raffreddamento delle preforme."
Nonostante tali vantaggi, però, la diffusione della Bio Bottle è ancora molto limitata sia a causa di un mercato che non è ancora pronto, ma anche a causa di una filiera del riciclo impreparata nella gestione delle bottiglie in PLA.
E’ molto raro, infatti, riuscire a reperire nei supermercati bottiglie in PLA, dato che ridurrebbero il mercato delle bottiglie realizzate in plastica tradizionale, che sono ovviamente molto più economiche.
Oltre a questo si aggiunge il problema del riciclo della Bio Bottle che non deve essere gettata nel sacchetto della raccolta differenziata della plastica comune, per evitare di perdere i vantaggi ambientali che il prodotto può offrire.
La Bio Bottle va inserita, come detto, nel sacchetto dell’umido, ma non tutti gli impianti sono pronti e capaci di trattare bottiglie in PLA.
Considerando che, in futuro, molte aziende investiranno in nuove tecnologie per limitare gli impatti degli imballaggi, sono necessari interventi che permettano di rendere accessibile il prodotto ai consumatori, sia in termini di visibilità ma anche in termini economici.
Per non arrestare il processo di riduzione della plastica nel mondo degli imballaggi, sarebbe opportuno preparare gli impianti di compostaggio a trattare bottiglie in PLA o materiali simili, rendendo fisiologica, naturale e conveniente, la transizione verso un tipo di packaging sostenibile e meno inquinante.
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