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  • Immagine del redattoreClaudio Ventura

Il Coronavirus e gli effetti sulla globalizzazione

Aggiornamento: 13 giu 2020

La pandemia di Coronavirus ha evidenziato i punti deboli dell’economia mondiale. Quali saranno gli effetti sulla globalizzazione?



Esistono diverse teorie sul futuro della globalizzazione in seguito all’emergenza legata al Coronavirus. La prospettiva più realistica sembra essere un graduale processo di de-globalizzazione, per affrontare le criticità emerse durante la pandemia.


Il modello su cui si è basata per anni l’economia mondiale deve essere rivisto per evitare nuove crisi, in caso di nuovi scenari legati ad epidemie/pandemie.


In particolar modo, non sembra più ammissibile il modello di Cina intesa come “fabbrica del mondo”.


Sono troppe, infatti, le aziende che, in tutto il mondo, dipendono dalla Cina per fornitura di materie prime e componenti essenziali per la realizzazione dei rispettivi prodotti. Basti pensare alle perdite di Apple, a causa della chiusura di molte fabbriche in Cina dedicate alla realizzazione degli iPhone, oppure alle case automobilistiche, le quali, importano dalla “fabbrica del mondo” componenti essenziali per le vetture.


Inoltre, dalla Cina, si importano materiali sanitari fondamentali per affrontare l’emergenza.


Nel momento in cui il virus si è diffuso in tutto il mondo, sono subentrate altre problematiche, oltre alla Cina-dipendenza.


La pandemia ha fatto emergere la fragilità del modello Just In Time, secondo il quale, si deve produrre solo ciò che si può vendere nell’immediato al fine di non avere scorte in magazzino per ridurre i costi di gestione delle stesse.

Le eventuali scorte nel modello Just In Time sono considerate come un fallimento.


Da decenni le imprese si sono basate su tale filosofia industriale, ma, nel momento in cui, le scorte si sono rese necessarie a causa della riduzione della produzione dovuta all’emergenza Coronavirus, le aziende non sono state in grado di rispondere in maniera adeguata.


Si crea, dunque, un effetto domino che riguarda tutte le aziende di tutto il mondo, e che pone l’attenzione su un’ulteriore problematica, l’interdipendenza degli Stati anche dal punto di vista della fornitura energetica.


Queste problematiche sottolineano la fragilità del sistema economico mondiale.

Ciò non significa che la globalizzazione verrà meno, ma dovrà essere rivista per permettere di non subire gravi contraccolpi economici in caso di ulteriori situazioni di emergenza.


I Paesi e le aziende dovrebbero dotarsi di un “Piano B”. In poche parole si dovrebbe ridurre la dipendenza energetica, produttiva e distributiva da Stati estremamente distanti e rafforzare l’autosufficienza energetica ed economica nazionale.


Inoltre si dovrebbe rivedere il concetto di Just In Time. Il fallimento non dovrebbe derivare dalla merce non venduta, ma, in caso di emergenze, dall’impossibilità di garantire ai consumatori i prodotti richiesti.


La pandemia, dunque, ha completamente stravolto non soltanto le nostre abitudini sociali, ma, probabilmente, se si vorrà affrontare situazioni simili con una maggiore sicurezza e stabilità economica, si dovrebbero mettere in discussione i modelli alla base dell’economia mondiale, che, in questi mesi, si sono rivelati estremamente fragili.

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