La Groenlandia, isola a sovranità danese, ha deciso di non concedere più attività di esplorazione del petrolio. L'investimento in favore dei combustibili fossili viene considerato dal governo come economicamente inconveniente e dannoso per l'ambiente.
La Groenlandia lancia un segnale molto chiaro: il futuro non sarà più dei combustibili fossili ma delle rinnovabili.
Una decisione forte da parte del governo dell'isola, dal momento che, potenzialmente, il sottosuolo della Groenlandia potrebbe essere ricco di circa 17,5 miliardi di barili di petrolio e 148 trilioni di piedi cubi di gas naturale.
La scoperta di un quantitativo simile di giacimenti poteva tradursi nella tanto ricercata indipendenza dalla Danimarca, ma evidentemente, secondo il governo dell'isola l'investimento in favore dei combustibili fossili non rappresenta la strada corretta da percorrere né dal punto di vista economico né ambientale.
Il piano del partito di maggioranza Inuit Ataqatigiit (Comunità Inuit) è di investire in attività più sostenibili, in particolare sulle fonti energetiche rinnovabili.
La scelta di non consentire attività di esplorazioni petrolifere permetterà di tutelare maggiormente la pesca e l'industria del turismo dell'isola.
Si tratta, dunque, di una nuova e forte decisione da parte del governo della Groenlandia, che aveva già rinunciato in passato a sfruttare il sito minerario di Kvanefjeld, considerato il sito più ricco di terre rare al mondo e al sesto posto in tutto il globo per disponibilità di uranio.
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